Laureato e senza lavoro: ecco il profilo del giovane italiano medio che vuole tornare al passato
di Daniele Sforza – 08 Jun 2013
IL tempo indeterminato non esiste e il precariato è un limbo nel quale, prima o poi, ci si finisce tutti. È la disamina del giovane italiano medio, con una laurea in tasca, la disoccupazione alle porte e un futuro non meglio imprecisato, se non proprio indefinibile.
Neolaureati… e poi?
Le lauree, nell’odierno mondo del lavoro, non contano, semplicemente. È questo il pensiero comune di molti giovani laureati appena usciti dagli atenei, che si ritrovano di punto in bianco a fare lavori assolutamente non attinenti al proprio percorso di studi, oppure a inventarsi una carriera, o ancora a presenziare a colloqui ridicoli con pretese ridicole. Oppure ad affidarsi ad agenzie interinali che li portano per qualche mese a fare esperienza in posti in cui non avranno futuro: i più gettonati? Sempre loro, ovviamente: i call center.
In realtà questi giovani un lavoro ce l’hanno: consiste proprio nel cercare lavoro e spesso è una mansione che impegna 3-4 ore al giorno, tra siti di annunci, giornali specializzati e scampagnate in città con una bibbia di curricula sotto braccio. Oppure si entra nella giungla dei concorsi, spesso rimandati o prorogati, per i quali si studia, si fanno test e poi si scopre di non aver passato la selezione successiva per una virgola di voti.
Giovani referenziati? L’esperienza conta più della laurea
Negli annunci di lavoro la laurea è sempre più frequentemente un titolo referenziale non richiesto. Proprio per questa ragione il giovane italiano medio appena laureato è sfiduciato: tra le mani un percorso di studi che resta solo un’esperienza con la quale non farci nulla. E le università, sotto questo aspetto, non aiutano. Non che debbano prendere per mano i loro studenti e portarli direttamente in un ufficio, non chiedono questi i giovani italiani di oggi, eppure vorrebbero che l’ateneo fosse un ponte più proficuo e costruttivo tra l’esperienza accademica e l’esperienza professionale.
Ritorno al passato… a zappare la terra!
E c’è perfino chi si reinventa e vuole tornare al passato, a quella che fino a pochi anni fa era considerata un’esperienza degradante: il lavoro nei campi. E tra gli under 35 che sono diventati imprenditori agricoli, sempre con quella benedetta laurea in tasca, ce ne sono fin troppi. Non è un caso che il settore agricolo sia uno dei pochi che registra una discreta crescita in Italia. Il lavoro nei campi non è più una mansione umile, ma un obiettivo da raggiungere in nome della green economy, di una vita di benessere in campagna e della decrescita felice.
Modello USA? Indebitamento e disoccupazione
Eppure, se si guarda dall’altra parte dell’oceano, c’è anche chi sta peggio: come gli studenti universitari americani appena laureati che alla fine del proprio percorso di studi si ritrovano indebitati (dopo aver chiesto prestiti per pagarsi gli studi e con interessi da pagare piuttosto salati) e senza impiego, anche per molto tempo.
Laurea: quale futuro?
La laurea conta ancora? Forse un domani riacquisterà valore, ma per il momento sembra solo una perdita di tempo. A meno che non si decida di sdoppiarsi e accompagnare al proprio percorso di studi anche una prima esperienza professionale. Oggi sembra riposare lì il costruttivismo di una laurea accademica.
Rispondi